Il D.Lgs. 81/2008 sancisce l’obbligo di eseguire specifiche valutazioni del rischio per tutti i lavoratori esposti ad agenti fisici all’interno degli ambienti di lavoro, intendendo come tali: il rumore, le vibrazioni meccaniche, i campi elettromagnetici, le radiazioni ottiche di origine artificiale, il microclima e le atmosfere iperbariche.
Il rumore può provocare una serie di danni sulla salute, su organi e apparati con numerose complicazioni a causa delle elevate frequenze di vibrazione e del suono. Anche in termini di sicurezza il rumore può essere pericoloso: può determinare un effetto di mascheramento che disturba le comunicazioni verbali e la percezione di segnali acustici di sicurezza, con un aumento di probabilità degli infortuni sul lavoro.
In Italia il problema rumore è la terza causa di malattia professionale denunciata all'INAIL. Il D.Lgs. 81/ indica le misure di prevenzione e protezione da attuare.
Gli ultrasuoni rientrano a tutti gli effetti tra gli agenti fisici inclusi nell'articolo 180 del Testo Unico sulla salute e sicurezza. L'esposizione al rischio ultrasuoni può comportare conseguenze negative sulla salute e sicurezza dei lavoratori Il rischio da esposizione a ultrasuoni è legato soprattutto alla probabilità di entrare in modo accidentale in contatto diretto con gli US generati dalla sorgente.
Nella valutazione del rischio per esposizione a vibrazioni è necessario differenziare le vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio e quelle trasmesse al corpo intero;
Il rischio sul sistema mano-braccio è presente non appena si inizia ad utilizzare regolarmente e di frequente, un macchinario, uno strumento o un’attrezzatura che produce un elevato livello di vibrazioni; l’esposizione a vibrazioni al sistema mano-braccio è infatti generalmente causata dal contatto delle mani con l'impugnatura di utensili manuali o di macchinari condotti a mano.
L’esposizione a vibrazioni al corpo intero è invece generalmente causata dall’utilizzo di mezzi con guida a bordo (su sedile o pedana) o dallo svolgimento di determinate attività su pedane o pavimenti flottanti a contatto con sorgenti vibranti. Studi epidemiologici sull’esposizione a lungo termine alle vibrazioni al corpo intero hanno dimostrato l’esistenza di un rischio elevato per la salute
Il D.Lgs. 81/2008 al Capo I e al Capo III del Titolo VIII e le Norme Tecniche di riferimento descrivono le modalità operative e le informazioni che la valutazione del rischio deve contenere, nonché le misure di prevenzione e protezione da attuare contro l'esposizione professionale a vibrazioni.
Con il termine Radiazioni Non Ionizzanti, si indica quella parte dello spettro elettromagnetico il cui meccanismo primario di interazione con la materia non è quello della ionizzazione.
Alcuni gruppi di lavoratori sono considerati particolarmente sensibili a rischio per i campi elettromagnetici. Tali lavoratori non possono essere protetti adeguatamente mediante i livelli di azione stabiliti dal D.Lgs. 81/2008 e pertanto i Datori di Lavoro devono valutare la loro esposizione separatamente da quella degli altri lavoratori. I lavoratori esposti a particolari rischi sono in genere tutelati adeguatamente mediante il rispetto dei livelli di riferimento specificati nella raccomandazione 1999/519/CE del Consiglio. Per un’esigua minoranza, tuttavia, anche questi livelli di riferimento non possono garantire una protezione adeguata. Queste persone riceveranno consigli adeguati dal proprio medico curante e ciò dovrebbe permettere al Datore di Lavoro di stabilire se la persona è esposta a un rischio sul luogo di lavoro o meno.
Le linee guida dell'ICNIRP sono assunte quale riferimento tecnico-scientifico dalla Direttiva 2013/35/UE che stabilisce i requisiti minimi per la protezione dei lavoratori dalle esposizioni ai campi elettromagnetici nell’intervallo di frequenze tra 0 Hz e 300 GHz.
La DIRETTIVA 2013/35/UE è stata recepita con Decreto Legislativo 01/08/2016 N. 159 (GU N. 192 del 18-8-2016) che ha opportunamente modificato e integrato il Titolo VIII Capo IV del D.Lgs. 81/2008.*
Le suddette disposizioni sono specificamente mirate alla protezione dagli effetti certi (effetti acuti) di tipo diretto ed indiretto che hanno una ricaduta in termini sanitari (“rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori dovuti agli effetti nocivi a breve termine conosciuti nel corpo umano derivanti dalla circolazione di correnti indotte e dall’assorbimento di energia, e da correnti di contatto” (D.Lgs. 81/2008, art. 206 comma 1).
Coerentemente con gli scopi della Direttiva europea, il D.Lgs. 01/08/2016 N. 159 non riguarda la protezione da eventuali effetti a lungo termine, per i quali mancano dati scientifici conclusivi che comprovino un nesso di causalità, né i rischi conseguenti al contatto con i conduttori in tensione (art. 206, comma 2) questi ultimi già coperti dalle norme per la sicurezza elettrica.
Da notare che la maggior parte degli effetti avversi considerati nel D.Lgs. 81/2008 compaiono in pochi minuti , ma alcuni, come la cataratta o la sterilità maschile, essendo la conseguenza di un meccanismo cumulativo, possono manifestarsi a distanza di tempo.
Per radiazioni ottiche si intendono tutte le radiazioni elettromagnetiche nella gamma di lunghezza d'onda compresa tra 100 nm e 1 mm. Lo spettro delle radiazioni ottiche si suddivide in radiazioni ultraviolette, radiazioni visibili e radiazioni infrarosse. Queste, ai fini protezionistici, sono a loro volta suddivise in ulteriori gruppi.
La tipologia di effetti associati all’esposizione a ROA dipende dalla lunghezza d’onda della radiazione incidente, mentre dall’intensità dipendono sia la possibilità che questi effetti si verifichino che la loro gravità.L’interazione della radiazione ottica con l’occhio e la cute può provocare conseguenze dannose di diverse tipologie, a seconda della lunghezza d’onda delle radiazioni (comprese tra 100 e 106 nm). Oltre ai rischi per la salute dovuti all’esposizione diretta alle radiazioni ottiche artificiali esistono ulteriori rischi indiretti da prendere in esame.
È importate ricordare che L’analisi delle più recenti evidenze scientifiche mostra che la radiazione ultravioletta (UV) è uno dei fattori causali maggiori per i carcinomi della pelle e per il melanoma cutaneo, provoca l’invecchiamento precoce della pelle ed effetti nocivi per la salute. A carico dell’occhio, la radiazione UV può comportare lesioni e danni alla retina ed al cristallino. Lo IARC classifica lo spettro solare della radiazione UV come “cancerogeni per l’uomo, a tale gruppo appartengono sostanze ed agenti per cui è accertata la cancerogenicità sull'uomo. Si è osservato inoltre che l’esposizione a radiazioni UV altera la risposta immunitaria a livello locale e sistemico deprimendo sia la risposta umorale mediata dai linfociti B sia quella cellulare mediata dai linfociti T.
Con il termine microclima si intende il complesso di parametri ambientali che caratterizzano localmente l’ambiente in cui l’individuo vive e lavora e che congiuntamente a parametri individuali quali l’attività metabolica correlata al compito lavorativo, la resistenza termica del vestiario determinata dalle caratteristiche dell’abbigliamento indossato, condizionano gli scambi termici tra soggetto e ambiente circostante.
L’approccio al problema, la metodologia d’indagine e le relative norme di riferimento, dipendono dalla tipologia di ambiente termico in questione. Con l’emanazione del D.Lgs. 81/2008 il microclima è stato riconosciuto come agente di rischio fisico, ai sensi dell’art. 180, che definisce tali agenti e ne individua il campo di applicazione, rendendone obbligatoria la valutazione dei rischi, così come stabilito dall’art. 181. L’art. 181, al comma 1, specifica che la valutazione del rischio di tutti gli agenti fisici deve essere tale da “identificare e adottare le opportune misure di prevenzione e protezione” facendo “particolare riferimento alle norme di buona tecnica e alle buone prassi”. Considerato che al microclima non viene dedicato un capo specifico all'interno del Titolo VIII, è necessario fare ricorso a specifiche norme tecniche di settore che consentono di effettuare una valutazione quantitativa del rischio e di adottare le opportune misure di prevenzione e protezione. Tali norme differiscono a seconda del tipo di ambiente termico in esame.
Per lavoratori esposti ad atmosfere iperbariche si intendono tutti i lavoratori che effettuano la loro attività in ambienti in cui la pressione è del 10% superiore alla pressione a livello del mare. Il fattore specifico di rischio da esposizione ad atmosfere iperbariche è introdotto dal Titolo VIII del D.Lgs. 81/2008.
Le attività lavorative interessate dalle atmosfere iperbariche sono:
• Attività iperbariche a secco: cassonisti e lavori di escavazione nei tunnel;
• Attività subacquee: sommozzatori in servizio locale, subacquei di basso e alto fondale, subacquei addetti ad attività ricreative, subacquei dei corpi dello stato, ricercatori subacquei, pescatori subacquei professionali, altre attività subacquee;
• Attività iperbarica in ambito sanitario: ossigenoterapia iperbarica, tecnici e medici iperbarici;
L’esposizione ad atmosfere iperbariche fa sì che il gas inerte, presente nella miscela respiratoria che non prende parte agli scambi metabolici, passi nei tessuti del lavoratore. Quando egli torna alla pressione di partenza il gas inerte deve nuovamente tornare all’ambiente. Questo può essere un evento potenzialmente rischioso che deve essere reso compatibile con un lento rilascio del gas stesso.