Sostenibilità

Tutela dei consumatori: pubblicata la direttiva sul greenwashing

March 25, 2024
5
min
Scritto da:
Elisa Gualini
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Potrebbero verificarsi casi in cui un'azienda, con l'obiettivo genuinodi comunicare i propri risultati ambientali o di presentare la propria futurastrategia ambientale, involontariamente divulga affermazioni false a causadell'uso di una terminologia errata, sfociando nel cosiddetto fenomeno delgreenwashing.  L’uso di termini come “a impatto zero”, “completamente/totalmentegreen”, “green neutral”, a partire dal 26 marzo, può essere oggettodi sanzione

Questo perché lo scorso 6 marzo è stata pubblicata in G.U. UE la direttiva sul "Greenwashing" (ambientalismo di facciata) che pone fine certificazioni e comunicazioni comerciali "fasulle e forvianti", stabilendo nuovi criteri di comunicazione corretta. La Direttiva sarà in vigore dal 26 marzo 2024 e gli Stati Membri avranno tempo fino al 27 settembre 2026 per il recepimento negli ordinamenti nazionali.

Se la tua azienda sta pensando di iniziare un percorso di sostenibilità, non esitare a contattarci. Grazie al nostro team di esperti in materia, sempre aggiornati riguardo alle nuove normative UE, insieme possiamo costruire una strategia ESG senza incombere in pratiche sleali e/o fuorvianti.

Ma cosa è il greenwashing? Storia del termine

Nel dizionario Cambridge il greenwashing è definito come “il far credere che un'azienda sia impegnata nella protezione dell'ambiente più di quanto non lo sia in realtà”.

Il termine fu coniato nel 1968 da un ambientalista, per denunciare la pratica ambigua di alcune catene alberghiere statunitensi che chiedevano ai propri ospiti di riutilizzare gli asciugamani, sfruttando l'impatto ambientale del lavaggio della biancheria. Oggi è uso leggere nelle camere d'albergo regole per evitare sprechi d'acqua, ma questo riguarda i giorni nostri, in passato non esisteva una tale concezione riguardo allo spreco dell'acqua. In realtà l'invito lanciato dagli alberghi aveva come obiettivo il taglio dei costi di gestione delle lavanderie. Questo per dire che il greenwashing non è altro che una strategia di marketing che finge di basarsi sulla sostenibilità ambientale per fini puramente economici, senza un reale interesse per la tutela dell’ambiente.

La Direttiva

La  Direttiva (UE) 2024/825 mira alla responsabilizzazione dei consumatori per la transizione verde mediante il miglioramento della tutela dalle pratiche sleali e dell’informazione (c.d. divieto di greenwashing). La Direttiva, in particolare, include nell’elenco delle pratiche commerciali considerate in ogni caso sleali delle nuove pratiche riconducibili al greenwashing:

  • esibire un marchio di sostenibilità che non è basato su un sistema di certificazione o non è stabilito da autorità pubbliche;
  • formulare un’asserzione ambientale generica per la quale il professionista non è in grado di dimostrare l’eccellenza riconosciuta delle prestazioni ambientali pertinenti all’asserzione;
  • formulare un’asserzione ambientale concernente il prodotto o l’attività del professionista nel suo complesso quando riguarda solo un determinato aspetto del prodotto o dell’attività;
  • asserire, in base ad una mera compensazione delle emissioni di gas a effetto serra, che un prodotto ha un impatto neutro, ridotto o positivo sull’ambiente in termini di emissioni di gas a effetto serra;
  • presentare requisiti imposti per legge sul mercato dell’Unione per tutti i prodotti appartenenti a una data categoria come se fossero un tratto distintivo dell’offerta del professionista;
  • modifica inoltre le norme sull’etichettatura dei prodotti, vietando l’uso di indicazioni ambientali generiche come “rispettoso dell’ambiente”, “rispettoso degli animali”, “verde”, “naturale”, “biodegradabile”, “a impatto climatico zero” o “eco” se non supportate da prove;
  • regolamenta l’uso dei marchi di sostenibilità, per cui verranno autorizzati solo marchi basati su sistemi di certificazione approvati o creati da autorità pubbliche.

Sono inoltre vietate:

  • indicazioni infondate sulla durata;
  • inviti a sostituire i beni di consumo prima del necessario;
  • false dichiarazioni sulla riparabilità di un prodotto.

Per un’azienda che vuole puntare sullo sviluppo sostenibile, ma cade nel greenwashing, non grava solo un rischio legale, ma anche reputazionale. Impegnarsi in pratiche di greenwashing può rendere difficile e costoso per un’azienda riconquistare il rispetto dei propri clienti e dei propri concorrenti.